Il simbolismo del cibo

Noi Italiani conosciamo bene il valore della buona cucina, spesso considerata come una delle massime espressioni della nostra cultura. Ma il cibo è anche carico di un simbolismo che va al di là delle proprietà nutrizionali e delle calorie.

Fin dalla scoperta del fuoco, infatti, mangiare è diventato un fattore culturale, più che naturale, come sostenevano già Ippocrate e gli altri medici e filosofi antichi. Essi definivano il cibo come res non naturalis, ovvero come il prodotto della cultura, più che della natura. Ecco quindi che, quando ci si ritrova con persone provenienti da Paesi diversi, la cucina diventa uno dei principali argomenti di conversazione e confronto (Noi lo facciamo così…).

Ci sono poi degli alimenti che, immediatamente, evocano un mondo intero, diverso per ciascuno di noi: le lasagne della domenica, i dolci di Carnevale, la torta della nonna, l’insalata di riso in spiaggia… sono solo alcuni piccoli esempi per far comprendere come il cibo sia carico di emozioni, ricordi, affetti.

Perchè parlare di simbolismo del cibo?

Quanto siamo consapevoli del valore simbolico di ciò che mangiamo? Perchè alcune persone, quando sono tristi, preferiscono la cioccolata e altre la focaccia? Perchè è così difficile rinunciare ad alcuni alimenti? Perchè associamo al caffè, che è un noto stimolante, un momento di pausa e di relax?

L’approccio olistico tipico del naturopata esige che, nel valutare l’educazione alimentare dell’utente, si tenga in considerazione anche di questi aspetti (oltre, ovviamente, ad altre abitudini), che vanno bel al di là delle proprietà nutritive del cibo. Questo vale sia in caso di allergie e intolleranze conclamate che, a maggior ragione, quando si lamentano disagi legati all’assunzione di alcuni cibi, ma gli esami clinici non evidenziano alcun problema particolare.

Il latte e la madre

Facciamo l’esempio di una delle intolleranze più comuni, ovvero quella al lattosio. Da un punto di vista biochimico, essa è dovuta all’assenza o alla scarsa efficienza dell’enzima lattasi, che permette di digerire il lattosio. È anche verò però, che il latte è il primo alimento con il quale, solitamente, veniamo a contatto e rimanda inevitabilmente alla figura della madre. Infatti,  durante l’allattamento, il neonato non riceve solo del nutrimento, ma un calore e un senso di protezione che lo fanno sentire completamente al sicuro. Questo aspetto è particolarmente importante nel momento in cui il disagio che si avverte consumando latte e latticini non è dovuto a una vera e propria intolleranza o quando non si riesce a fare a meno del classico bicchiere di latte prima di coricarsi.

E’ possibile che ciò che veramente si cerca, sia quella sensazione che solo le braccia della mamma possono dare?

Anche nel caso di una reale intolleranza, analizzare il simbolismo del cibo può aiutare a ridurre l’intensità dei sintomi. Mi è capitato il caso di una ragazza con una grande passione per formaggi e latticini, ma che, da due anni a questa parte, le provocano un certo disagio, tanto da spingerla a fare delle analisi di approfondimento. Il risultato del test ha confermato la sua intolleranza al lattosio. Ma perchè si è manifestata solo negli ultimi due anni, nonostante avesse notevolmente ridotto il consumo di prodotti caseari? Approfondendo l’indagine, mi ha detto che proprio da circa 24 mesi stava cercando, senza successo, una gravidanza. Abbiamo, allora, ragionato insieme: è possibile che la sofferenza che deriva dal desiderio insoddisfatto di dare una forma alla maternità (il latte che diventa formaggio), possa contribuire ad abbassare la soglia di tolleranza nei confronti di tali alimenti? È possibile che, nonostante si cerchi irrefrenabilmente un determinato cibo, questo ricordi un simbolo che, al momento, le è precluso?

Il pane e il padre

Un altro esempio, è quello di una persona con un incontenibile desiderio di pane, che però le provoca un gonfiore istantaneo, pur in assenza di intolleranza al glutine o celiachia. Il frumento è un altro alimento dal significato simbolico ben documentato. Come tutti i cereali, è simbolo di rinnovamento, abbondanza e fertilità (si pensi al mito di Cerere, dea dalla quale deriva il nome cereale). L’Italia, è però un Paese di forte tradizione cattolica ed il pane è anche associato al rapporto con il padre, sia umano che spirituale. Questa persona ha descritto un rapporto molto conflittuale con il padre, estremamente dedito al lavoro e preoccupato per il sostentamento della famiglia, ma molto assente da un punto di vista emotivo. Questa distanza ha inevitabilmente lasciato un vuoto, che lei cerca di colmare con pane e focaccia; questi alimenti, d’altro canto, le ricordano la sofferenza che deriva da questa relazione, rendendo difficile la loro digestione e facendola gonfiare.

Il cibo e la memoria

Sono moltissimi i cibi ai quali, culturalmente, si attribuisce un significato simbolico, ma è importante soprattutto comprendere il valore che alcuni alimenti hanno per ciascuno di noi, in base alla nostra storia personale. Come descritto da Marcel Proust in uno dei suoi romanzi (Dalla parte di Swann), alcuni cibi possono riportare alla mente episodi dimenticati della nostra vita. L’autore racconta come un pezzetto di maddalena inzuppato nel the, gli abbia rievocato un ricordo legato a sua zia, facendogli rivivere, con grande intensità, un momento della sua infanzia. Anticipando le neuroscienze, Proust ha descritto in modo molto suggestivo come l’olfatto, insieme al gusto,  permette di accedere alla memoria, non tanto da un punto di vista cognitivo, quanto emozionale. I ricordi risvegliati dal gusto e dall’olfatto hanno, infatti, una colorazione emotiva più intensa, che accompagna in minor misura quelli richiamati dal altri sensi, come la vista.

Come sempre, la valutazione del naturopata è assolutamente basata sull’individuo, inteso come essere unico ed irripetibile. Ecco, quindi, che la sua storia personale, i suoi ricordi, le emozioni che egli associa ad alcuni alimenti, permettono di comprendere meglio il personale significato che vi attribuisce. Analizzare il simbolismo del cibo, infine, aiuta a prendere coscienza di alcuni vuoti emotivi, che possono, eventualmente, essere elaborati insieme a uno psicoterapeuta.

Diventare consapevoli di questi aspetti, consente di ragionare a 360 gradi e di instaurare un rapporto più equilibrato con il cibo, rispondendo in modo appropriato ai bisogni che esso evoca .

Solo così è possibile mantenersi in forma e in salute in modo sereno e duraturo.

Bibliografia

Franco Piterà, Levio Cappello, Manuela Taglietto – Il segreto dei cibi Massimo Montanari – Il cibo come cultura

Per approfondimenti:

https://istitutonemi.com/2018/11/26/alimentazione-sana-o-ortoressia/

http://wwwdata.unibg.it/dati/bacheca/434/75206.pdf

https://www.internazionale.it/notizie/amy-fleming/2019/06/01/mangiare-soli-cibo?fbclid=IwAR2QGjHUKalyv8mk-1ZNXaPyorg66fBTmOuTtzZFK01OComw6oJ11ic16UI

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